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Detalles del Evento
PREZZI
>>> INTERO: € 12
>>> RIDOTTO (under 18, over 70, soci COOP): € 10
OFFERTA: Presentando il biglietto in un museo pubblico, o area archeologica di Volterra avrai diritto a un ingresso omaggio
Si consiglia l'acquisto online del biglietto per agevolare gli ingressi nel rispetto della normativa covid-19.
Dimmi Tiresia, scrittura teatrale inedita di Luisa Stagni (attrice, regista e drammaturga) nasce nel 2015, come lirica dell’ascolto: l’autrice, resa cieca dalla malattia, approfondisce e concentra la sua ricerca sulla percezione, sensoriale e relazionale, come metodo e formazione dell’attore.
Dopo CieKaPuk e Via Calafrutti 30, con Dimmi Tiresia la cecità non è più uno status di menomazione, ma la condizione - quasi necessaria – per la conoscenza.
La leggenda dell’indovino suo malgrado, che si trasformò in donna per poi, passati sette anni, tornare nuovamente ad essere uomo e poi, per un parere non gradito a Hera fu accecato (altri attribuiscono il fatto ad Atena) e in parte compensato da Zeus con la preveggenza e il dono di vivere sette generazioni, è la narrazione antica, il tramite necessario per irrompere nel contemporaneo.
Quel Tiresia del mito, interpellato da re ed eroi, da tutti chiamato per rispondere su un futuro da ogn’uno disatteso, testimone di vicende tanto sconvolgenti quanto prevedibili e preannunciate,l’uomo stremato dall’insistente domanda : dimmi Tiresia, dimmi… forse – oggi - non serve più.
La contemporaneità è diventata il luogo dell’astratto, dell’immediato scisso da ogni legame con se stessi e con la comunità, distante tanto da un passato condiviso come da un futuro. Il naturale fondamento dell’umanità – la relazione – muore per l’indifferenza di scelte e visioni. Il futuro diviene pura espressione verbale mentre – per esistere – esigerebbe un presente nella sua piena vitalità emotiva e razionale. L’assenza di futuro è il nichilismo dell’assoluto presente. Con la resa di ogni desiderio, quesito, aspirazione ad un presente onnivoro e consumato, il futuro è divorato e Tiresia definitivamente silenziato.
Questi e altri pensieri attraversano il nostro Tiresia, un omino in nero, quasi un Charlot,incastonato in un vecchio coro ligneo . Ai lati una donna e un uomo, giovani, quasi novizi di un rito arcaico, danzano quella giovinezza ambivalente di un Tiresia ancora vedente … eppoi il coro testimone, umanità questuante… tutto questo per una messinscena in teatrodanza.
Il Mito
La leggenda vuole che l’indovino – figlio di Evereo e della ninfa Cariclo – mentre camminava tra le colline, scorse due serpenti che si stavano accoppiando e, colpendo quello di sesso femminile, si trasformò in una donna in carne ed ossa. Si dice anche che, passati sette anni nei panni femminili, in cui provò tutti i piaceri che una donna potesse provare, vedendo nuovamente due serpenti accoppiati e colpendo il maschio, tornò nuovamente ad essere uomo. Questa doppia trasformazione creò enorme frastuono tra gli dei dell’Olimpo .
Tiresia fu chiamato in causa da Zeus e Era per risolvere la controversia su chi , nell’atto amoroso, provasse più piacere: la donna oppure l’uomo. Tiresia, senza alcun indugio, rispose che il maggior piacere veniva provato dalla donna, in una misura nove volte maggiore rispetto all’uomo. Era, infuriata con Tiresia per aver svelato un tale segreto, lo fece diventare cieco, ma Zeus – per ricompensarlo del danno subito – gli diede la facoltà di prevedere il futuro e il dono di vivere per sette generazioni. Un’altra versione riguardante la vicenda della cecità di Tiresia narra che il giovane – passeggiando lungo le sponde del fiume in cui la dea Atena faceva il bagno alla sorgente – vide quest’ultima tutta nuda e, per punizione, fu reso cieco dalla stessa ma poi – su supplica della madre Cariclo – fu reso indovino sempre dalla dea. Questo dono, secondo la leggenda, fu tramandato anche alla figlia Manto, anch’essa veggente. Anche le versioni sulla fine di Tiresia sono diverse: si racconta che nel corso
dell’attacco degli Epigoni contro Tebe, Tiresia fuggì dalla città con i tebani e che nei pressi della fonte Telfussa bevve acqua gelata e morì. Altra narra , che l’indovino – rimasto a Tebe con la figlia Manto – sia stato fatto prigioniero e mandato a Delfi con la stessa, dove sarebbero stati consacrati al dio Apollo, ma Tiresia sarebbe morto per la fatica durante il cammino.