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ENNIO
Di Giuseppe Tornatore
Tra aneddotica e archivio cinematografico, uno svelamento seducente che non si vorrebbe finisse mai.
Giuseppe Tornatore ha collaborato col Maestro - definizione per una volta appropriata - in un arco temporale che va da 'Nuovo Cinema Paradiso' (1988) a 'La corrispondenza' (2016), frequentandolo per circa trent'anni. Nel 2018 ha scritto "Ennio. Un maestro" (Harper Collins), intervista fluviale e conversazione franca, a trecentosessanta gradi: in 'Ennio' ne riprende argomenti, andamento cronologico e tono disteso, modesto, autocritico con cui Morricone si era concesso alle sue domande. Attorno a lui, nel film, una schiera di musicisti, registi, colleghi ed esperti portano testimonianze rilevanti e inerenti una carriera straordinaria, che supera il concetto di prolifico: centinaia le opere firmate, da 'Il federale' (1961) all'unico Oscar vinto per una colonna sonora, 'The Hateful Eight' nel 2016, a 87 anni.
Morricone - che, come tutti i classici, non morirà mai e di cui è quindi legittimo parlare al presente - vive perennemente con la musica in testa e va a tempo anche quando fa esercizio fisico sul tappeto di casa.
Ecco perché 'Ennio' si apre con un'alternanza brillante di opposti movimenti di direzione d'orchestra e stretching domestico, dando l'attacco a un'immersione competente e appassionata nella carriera di un compositore dall'opera incalcolabile, che ha spaziato in ambiti molto diversi.
Erroneamente identificato in tutto il mondo per lo più per le invenzioni strumentali e rumoristiche dei western di Sergio Leone e accompagnato per tutta la vita dal dispiacere per un pregiudizio accademico nei suoi confronti.
Il pregio di 'Ennio', non solo dentro il genere documentario, risiede nella sua semplicità e chiarezza così difficili da raggiungere, ma ancor prima nel fatto che Tornatore abbia concepito la propria linea narrativa come una partitura musicale. Il montaggio aggraziato e puntuale di Massimo Quaglia e Annalisa Squillaci rende questa cavalcata di oltre due ore e mezzo tra film e pentagrammi uno svelamento seducente anche per non addetti ai lavori, che non si vorrebbe finisse mai, perché, tra aneddotica e archivio cinematografico, la musica e le sue leggi restano a fuoco. Le grammatiche di Bach, Frescobaldi, Stravinskij, tra i primi modelli, e le regole della composizione assimilate dal Maestro in anni di corso con Goffredo Petrassi, riconosciuta guida carismatica, sono le chiavi comprese le quali si può tradire, innovare e perfino divulgare: nella canzone pop (lo studio su "Il barattolo", hit salvezza della RCA, il confronto a più voci sull'intro di "Non son degno di te", Beethoven in Voce 'e notte), nella sinfonia, nella musica sperimentale, tra scricchiolii, macchine da scrivere ma anche voci femminili dirette come strumenti, in primo piano, che si fanno sirene, chimere. Miniera di osservazioni stilistiche e curiosità legate alla storia del cinema (tra tutte, la collaborazione mancata con Stanley Kubrick per 'Arancia meccanica'), non scevro di momenti di pura commozione, Ennio è racconto fluido, documento ricercato, filologico, che si mette a disposizione di curiosi, cinefili e studiosi, anche per eventuali indagini integrative. Un esempio di economia di narrazione, di contrappunto studiato e sudato che traccia la differenza tra mera compilazione d'intrattenimento e pura opera di (ri)creazione. Fuori concorso alla 78ma Mostra di Venezia 2020.
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