La più celebre e amata storia d’amore di tutti i tempi attraversa i secoli, cambia panorama, cultura e lingua pur mantenendo l’universalità della sua poetica. La lingua siciliana, figlia di una terra di eterni contrasti di forti passioni e colori violenti, diventa il ponte che collega il teatro shakespeariano a quello contemporaneo.
Non serve chiudere gli occhi e immaginare, per riportare in vita questa storia basta che tu li tenga bene aperti, guardandoti intorno; se percorri alcuni dei quartieri più popolari e disagiati di qualunque città del sud (quelli che qualcuno definirebbe folkloristici) puoi incrociare rappresentanti della famiglia Montecchi, Benvolio per esempio, che aspetta con ansia Mercuzio sbucare da dietro l’angolo in preda ad effetti allucinogeni di sostanze sconosciute (donategli da un prete spogliato), mentre Tebaldo in sella ad un motorino truccato gli taglia la strada e altri due dei Capuleti gli fanno il dito medio urlandogli contro. Prima ancora che il sole scompaia del tutto e la luce gialla dei lampioni si rifletta sul nero della pietra lavica, puoi scorgere deboli ombre femminili popolare le strade per dare il via alla compravendita, per la Nutrice, un’altra notte di lavoro è appena cominciata.
Corri, trova un posto sicuro, non chiedere, allontanati, non ti curare delle urla e degli spari, nemmeno la legge può, se non quella dell’uomo. L’unica soluzione è la latitanza. “La pietà è ’n dilittu quannu pirduna ’n assassinu”.
E infine non ti sorprendere se dopo aver preso un seltz limone e sale alla stazione, li vicino ti fai distrarre da un giovane che cerca di scavalcare il muro di un’abitazione, tranquillo, non è l’ennesimo furto in casa: sta andando a trovare la sua Giulietta.
Traslazione in lingua siciliana di Alessio Patti.
REGIA ED ADATTAMENTO: Francesca Ferro