Nel suo quinto monologo Velia Lalli prova a chiudere il cerchio, dopo aver fatto bilanci ad ogni Capodanno, ogni anno dopo le ferie estive, al passaggio di ogni decade, e persino in ogni suo monologo. Si rifugia ancora una volta nella risata per accettare tutti i fallimenti delle sue ambizioni. E se alcune possono sembrare stravaganti, come scoprire di non aver raggiunto nemmeno fino in fondo lo status di gattara, tutto il resto è l’analisi lucida delle nostre ambizioni indotte più comuni.
Non è più una ragazzina, non è madre, non è abbastanza gattara, non è abbastanza fashion, non è abbastanza gnocca, non è abbastanza femminista. E non è neanche abbastanza famosa.
Con un attacco aperto alla comicità femminile nazionale, Velia dichiara di essere una nicchia, dove la donna ha come arma una grassa risata, libera e consapevole, che non passa attraverso la critica trita del maschio. Nel momento in cui si parla tanto di donne, lei le vuole armate dell’arma più potente che conosce: la goliardia. Fornendo un prontuario di battute sferzanti da appuntarsi e utilizzare in caso di “necessità”.
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